L’ultima recessione globale ha messo in ginocchio soprattutto i Paesi che non avevano le spalle sufficientemente larghe. Tra questi vi è ovviamente l’Italia, che ha pagato un conto salatissimo, maggiorato della situazione dello spread con il Bund tedesco, arrivato a superare i 600 punti base nel 2011.
La crisi ha colpito duramente il tessuto imprenditoriale italiano e, gioco forza, ha messo in grave difficoltà le banche che hanno visto salire in maniera esponenziale i crediti inesigibili.
Tutti i prestiti, mutui o finanziamenti concessi dalle banche che non riescono a pagare i debitori, sia in parte che totalmente, sono noti come crediti inesigibili. La situazione è stata così insostenibile che il governo ha dovuto intervenire con una serie di decreti legge.
I decreti salva-banche
Alcune banche sono arrivate realmente vicino al fallimento, tra queste la Banca Montepaschi di Siena, già al centro dei riflettori per i bilanci truccati nel tentativo di coprire la sciagurata acquisizione di Banca Antonveneta.
Inoltre, è venuto fuori come questa banca ma anche altre, come la Popolare di Vicenza, hanno indebitamente prestato denaro a palazzinari, pur sapendo che non sarebbero stati in grado di restituirli. Ma c’è di peggio! Per rientrare con i buchi di bilancio fatti, i dirigenti delle banche hanno pensato bene di far sottoscrivere ad ignari risparmiatori obbligazioni subordinate, omettendo completamente i rischi connessi a questi strumenti finanziari.
Il risultato è che il Governo Italiano è dovuto intervenire per salvare alcune banche dal fallimento e risarcire con un fondo gli obbligazionisti truffati. In totale, il Governo diventa azionista di maggioranza del 70% di Banca Montepaschi di Siena (con la promessa di rivendere a un prezzo migliore, che però al momento è più che un miraggio) e sono state salvate Banca Etruria, Carichieti, Banca Marche e Cariferrara con un primo decreto; Popolare di Vicenza e Veneto Banca con un secondo decreto e, infine, Carige con l’ultimo decreto salva-banche.
La cessione dei Non Performing Loans: la cartolarizzazione
Altre banche più solide hanno evitato il commissariamento, ma ne sono uscite praticamente a pezzi. E’ il caso di Unicredit, che negli ultimi anni, ha dovuto procedere con numerosi aumenti di capitale, mortificando il valore delle sue azioni che hanno perso oltre il 90% dai massimi di periodo registrati prima della crisi.
Per ovviare a questa gravosa situazione, le banche hanno provveduto a una situazione tampone che prevede la cessione dei crediti deteriorati a società terze che comprano il debito a un prezzo decisamente inferiore per andare poi a rivalersi con i debitori.
Questa pratica prende il nome di cartolarizzazione e dunque, altro non è, che un trasferimento del diritto di credito da un soggetto o a un altro.
Di fatto, è un comprare tempo che non risolve assolutamente il problema, ma semplicemente lo rinvia. E non è finita qui: le stesse società che hanno comprato i crediti deteriorati dalle banche non hanno la struttura necessaria in grado di gestire questo lavoro, ma li hanno semplicemente rilevati perché era un buon affare. E quindi cosa fanno? Rivendono gli stessi crediti in porzioni ad altri investitori, innescando di fatto un trading di NPL, in cui nessuno sa più in che mani finiscono. Questo è particolarmente grave perché ci sono famiglie e imprese che sono già in grave difficoltà e, senza l’adeguata trasparenza, il rischio è che finiscano ad avere a che fare con una sorta di usurai legalizzati.
Nuove fusioni bancarie nel futuro
Secondo quanto si apprende dai rumor che girano tra gli addetti ai lavori, la sensazione è che ci saranno nuove fusioni e che i soggetti bancari italiani resteranno, alla fine della fiera, 3 o 4 in tutto.
La fusione più importante dovrebbe riguardare quella tra BPM (che già incorpora per fusioni precedenti il Banco Popolare e la Banca Popolare di Milano) con UBI Banca, attualmente il terzo gruppo bancario italiano. Anche BPER Banca è in lizza per entrare a far parte di questa fusione che interesserà, comunque, anche altre banche europee alle prese con problemi di altra natura. Mi riferisco soprattutto a Deutsche Bank, di cui potrei occuparmi in uno dei prossimi articoli.